28 aprile 2017

[Bonelli] Morgan Lost 19 - Memorie di una telecamera

uscita 21/04/2017
Soggetto: Claudio Chiaverotti
Sceneggiatura: Claudio Chiaverotti
Disegni: Cristiano Spadavecchia
Copertina: Fabrizio De Tommaso
Colori: Arancia Studio

Morgan Lost è sulle tracce di un feroce assassino che ha la perversa fissazione di filmare le sue vittime. Ma una serie di strane circostanze gli fanno sorgere una terribile domanda: la telecamera usata da Adryen è un semplice oggetto o riprendere feroci omicidi le ha dato un’anima perversa e malvagia?



Preso un po' in ritardo, ecco il diciannovesimo albo per Morgan Lost.
Un numero che all'apparenza sembra dire nulla, ma che, dopo un'attenta rilettura, rivela qualche passaggio interessante.
Il trafiletto ufficiale di trama sopra riportato spiega già la base su cui poggia l'albo, il solito killer del mese che rapisce delle ragazze e poi le filma mentre le uccide. Fin qui "tutto a posto", per modo di dire, è la normalità per questa serie. Certo, Morgan, un po' come nei primi albi, indaga a botta sicura, risale immediatamente al colpevole mediante una linea bianca verticale impressa su una pellicola, trova l'assassino e quest'ultimo perde la vita nello scontro, e vabbè, ci si può passare sopra perché questa prima parte dell'albo, molto sbrigativa, è un preludio alla seconda parte ben più corposa.
Corposa perché narra grossomodo ciò che avviene dopo la "risoluzione del caso del mese", con gli esperti che analizzano i vari filmati dell'assassino e con le probabili vittime che rivivono il trauma del rapimento nei propri incubi. Un po' andando anche a rimestare dalle basi della psicologia freudiana, roba che si studia al primo anno di psicologia e sicuramente anche prima negli istituti superiori preposti, ci viene presentato un assassino che, in punto di morte, lancia una sorta di maledizione del faraone e i suoi filmati, o meglio la sua cinepresa, diventano una specie di mezzo di controllo del malcapitato di turno che, freudianamente parlando, dà sfogo alla propria aggressività innata e quasi va ad emulare l'assassino primario. Quindi, in un certo qual modo, l'assassino rivive attraverso dei simulacri e continua la propria malsana opera. Un albo che si chiude, poi, con un punto interrogativo bello grosso e che non necessita di risposta: siamo tutti delle bombe ad orologeria, ma quand'è che scoppieremo? E un po' rivedo i vari casi di cronaca in cui persone apparentemente miti o tranquille danno in escandescenza per non si sa quale motivo arcano e attuano delle stragi assolutamente impensabili. Mi ricorda anche un albo di Dylan Dog, il 178 (Lettere dall'Inferno) con una tematica simile, con dei simboli magici al posto della telecamera, ma credo sia un caso e comunque un tema classico già affrontato più volte nel fumetto horror.
Niente male come albo, comunque si rimane nel solco tracciato dalla serie finora e per ora va bene così. 
Per i disegni di Spadavecchia, che già avevamo ritrovato nei numeri 6 (i coniugi Rabbit) e 15 (I canti dei morti), nulla da aggiungere a quanto già espresso in precedenza: ha un bel tratto e ci sono un paio di soluzioni grafiche niente male.

Dal canto mio vorrei molta più trama orizzontale preannunciata nei due albi scorsi, cosa che darebbe uno spessore maggiore ai personaggi coinvolti e soprattutto a Morgan.

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